Prelievo degli averi previdenziali: un aumento delle imposte potrebbe rivelarsi controproducente
Chi risparmia per la pensione viene agevolato fiscalmente – almeno sino ad oggi. Alcuni vantaggi fiscali però potrebbero presto scomparire, sebbene molti sono i motivi che scoraggiano un aumento delle imposte. Questo provoca un senso di incertezza.
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Su mandato del Consiglio federale, un gruppo di esperti ha sviluppato diverse idee di risparmio e possibili misure per generare un maggior gettito fiscale a livello federale. Queste comprendono anche un aumento delle imposte da versare alla riscossione degli averi di cassa pensione e pilastro 3a.
Questa misura crea inquietudine. Tanti risparmiatori si stanno chiedendo quali saranno le conseguenze per il loro pensionamento e se vale ancora la pena risparmiare versando contributi nella cassa pensioni e nel pilastro 3a. Vanno considerati gli aspetti elencati qui di seguito.
Pilastro 3a
Per agevolare i risparmi individuali destinati alla previdenza, la Confederazione ha messo a punto incentivi fiscali mirati. Infatti, chi versa contributi nel pilastro 3a può dedurre dalle imposte il corrispondente importo per intero. Inoltre, questo denaro non viene tassato nel frattempo come sostanza e i rispettivi utili non sono soggetti all’imposta sul reddito. È dovuta un’imposta solo alla riscossione del capitale. Ancora oggi, il capitale risparmiato viene tassato separatamente dalle altre entrate e a un’aliquota agevolata. Ora le cose potrebbero cambiare.
A differenza di quanto previsto originariamente dalla Confederazione, l’intero processo di risparmio non sarebbe più fiscalmente privilegiato. A venire meno sarebbe l’agevolazione fiscale al momento della riscossione dei risparmi: su questa verrebbe applicata un’imposta federale a un’aliquota che sarebbe la stessa dell’imposta cui sono soggetti i redditi. Pertanto, l’ammontare delle imposte al prelievo del capitale potrebbe aumentare considerevolmente.
Conclusione: il pilastro 3a è fondamentale per risparmiare denaro sufficiente per gli anni successivi al pensionamento. Sarebbe dunque opportuno migliorare gli incentivi finanziari e non peggiorarli. L’agevolazione, infatti, motiva chi è attivo professionalmente a investire di più nella propria previdenza, al fine di colmare eventuali lacune. Questo perché, idealmente, le rendite erogate AVS e cassa pensioni sommate dovrebbero costituire il 60 percento dell’ultimo stipendio percepito – ma nella realtà, in genere, riescono a coprire appena il 50 percento.
Cassa pensioni
Un adeguamento comporterebbe risvolti notevoli anche sulla decisione di versare contributi volontari in cassa pensioni (riscatto CP) e sulle modalità di riscossione degli averi previdenziali – rendita, capitale o la combinazione delle due opzioni. Oggi, le imposte applicate su queste entrate sono determinate dall’entità del prelievo; in futuro, potrebbero dipendere anche dal reddito. Cosa significa?
Chi percepisce un reddito sostanzioso si ritroverebbe a pagare un’imposta più elevata alla riscossione di un capitale della stessa entità. In questo modo, la Confederazione vuole ostacolare la scelta di riscuotere gli averi in forma di capitale piuttosto che come rendita unicamente per motivi fiscali. Pertanto, le imposte sul versamento andrebbero equiparate a quelle applicate sulle rendite.
Questo non è sufficiente. Come mai? Si presume che la maggior parte degli attivi usufruisca di un vantaggio fiscale che in realtà non ha. Questo perché l’onere fiscale relativo alla riscossione della rendita dipende fortemente dall’aliquota di conversione. Se si applica l’aliquota di conversione prevista per legge, pari al 6,8 percento, l’onere fiscale (federale, cantonale e comunale) applicato alla riscossione del capitale è, sul lungo termine, effettivamente inferiore. Tuttavia, alla maggior parte dei pensionati si applica già oggi un’aliquota mista molto più bassa: in media, del 5,3 percento, ma presso molte grandi casse pensioni si è già abbassata e oscilla tra il 4,5 e il 5 percento. Con un’aliquota di conversione del 5,3 o del 4,5 percento, il prelievo del capitale in un’unica soluzione comporta di rado dei vantaggi fiscali. L’assicurato dell’esempio nel grafico non beneficerebbe di alcun vantaggio fiscale se non a 77 o 83 anni (grafico).
Conclusione: secondo l’esperiennza, pochissimi decidono di optare per un prelievo del capitale in un’unica soluzione solo per motivi fiscali, oltre la metà sceglie una rendita a vita mentre circa un terzo sceglie la combinazione tra rendita e capitale – una variante assolutamente da considerare per tante coppie sposate. La decisione dipende in larga misura da come i coniugi intendono consumare il proprio patrimonio e dalla loro prospettiva di tenore di vita. Anche la costellazione familiare, le condizioni di salute ed eventuali lasciti ereditari giocano un ruolo importante.
La modifica di legge in discussione riguarderebbe l’imposta federale diretta. Spesso lo si dimentica: le rendite di cassa pensioni dopo il pensionamento vengono tassate a vita dai cantoni e dai comuni come reddito. Questo vale anche per gli interessi e i dividendi maturati sul capitale riscosso dopo il pensionamento. Inoltre, gli averi di pilastro 3a e cassa pensioni sono soggetti all’imposta sulla sostanza – anche questo a vita.
La sicurezza è fondamentale
Dalla prospettiva politica, la discussione sull’aumento della tassazione dei risparmi previdenziali è solo all’inizio. La misura prevista sarà sottoposta a consultazione all’inizio del 2025. A quel punto sarà chiaro in quale forma la proposta sarà accettata.
La misura in discussione crea un sentimento di grande incertezza tra chi è professionalmente attivo: in molti si preoccupano perché il pensionamento sta diventando sempre più complesso. Le ragioni sono le numerose riforme, le complicate leggi fiscali e gli alti e bassi dei tassi di interesse sui conti di risparmio e di quelli ipotecari. I più si augurano pertanto più certezze nel risparmiare per il loro pensionamento – e non il contrario.